Giugno 2020…anno nuovo, firma nuova!

Un vecchio aneddoto raccontava di un tipo che, un giorno, vide da un noto antiquario di Parigi, un dipinto firmato e ne domandò il prezzo. “Mille franchi”, rispose l’antiquario. “E senza la cornice e la firma?” chiese il buontempone, “Oh, in tal caso, disse l’antiquario, può averlo per tre franchi e mezzo.”

E’ molto probabile che la firma in questione fosse di un artista conosciuto e apprezzato, magari riportato sui manuali di storia dell’arte. Di certo, io non sono abitato da un’ambizione di tal genere – almeno non ancora - ma il fatto è che dare nomi alle cose è davvero un’arte poetica (T. Corlyle) e firmare i miei dipinti, oltre che assegnare loro un titolo, significa perfezionare il ponte che mi permette di comunicare con gli altri. La firma, in particolare, permette ai miei lavori di essere non semplicemente apprezzati o disprezzati, ma innanzitutto di essere riconosciuti. E credo che in un tale riconoscimento consista il valore artistico di un prodotto, di una creazione originale. Qual è la differenza tra un prodotto artigianale e un’opera d’arte? Forse, sono le intenzioni dell’autore dell’opera e il modo in cui viene recepita dagli altri; forse, questa differenza ha a che fare con la qualità di una relazione e con una diversa prospettiva sul mondo.

L’inizio dell’estate 2020, un’estate silenziosa, senza concerti, è stato un tempo di fervido impegno nella pittura e nelle riflessioni intorno alla natura dell’arte.

A un anno esatto dalla mia avventura nel colore e col colore, ho cambiato la mia firma: sentivo di aver acquisito una più precisa consapevolezza della mia capacità creativa. E di me.


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